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La Sindrome di Hikikomori

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Hikikomori letteralmente “stare in disparte, isolarsi” è un termine giapponese che si riferisce a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento. Il fenomeno, già presente in Giappone dalla seconda metà degli anni ottanta, ha incominciato a diffondersi negli ultimi 20 anni anche negli Stati Uniti e in Europa.

 

L’Hikikomori, nella sua manifestazione più estrema, non esce dalla sue stanza né per lavarsi, né per alimentarsi chiedendo che il cibo gli sia lasciato dinanzi alla porta di accesso alla stanza. Questa pratica, spesso sostenuta dai Care-giver, comporta una serie di disagi accessori da non sottovalutare: condizioni igienico sanitarie precarie, rischi per la salute (problematiche cardiache ad esempio).

Un campanello di allarme da non sottovalutare è sicuramente lo stringere rapporti sociali completamente ed esclusivamente virtuali: relazioni amicali o sentimentali vengono svolte esclusivamente online, bypassando a piè pari il piacere della scoperta dell'altro fisica ed emotiva, aspetti escludibili dalla sola sola componente online.


Solo una parte delle persone affette dal disturbo passa il proprio tempo connesso ad Internet ma, quando succede, il tempo di permanenza davanti al computer arriva fino a 10-12 ore giornaliere. L’Hikikomori non esce dalla sue stanza né per lavarsi, né per alimentarsi chiedendo che il cibo gli sia lasciato dinanzi alla porta di accesso alla stanza (E. Aguglia et al., 2010). Questa pratica, spesso sostenuta dai care giver, comporta una serie di disagi accessori da non sottovalutare: condizioni igienico sanitarie precarie, rischi per la salute (problematiche cardiache ad esempio). Dalla esperienza clinica dell'equipe ESC, queste pratiche stanno piano piano prendendo piede anche nella realtà italiana in cui spesso i genitori si trovano nella difficoltà di gestire le richieste dei propri figli che, stando chiusi nelle loro camere, non partecipano più ai momenti conviviali familiari e che richiedono i pasti presso la loro stanza con le difficoltà di cui sopra. L’esordio è nella maggior parte dei casi in adolescenza o prima età adulta. Per oltre il 90% dei casi è di sesso maschile (Saito Tamaki, 1998). Nell'attualità, l'età media si è abbassata notevolmente: il Team ESC si scontra spesso con realtà simili portate avanti da ragazzi e fanciulli a partire dai 15 anni. 

 

In sintesi le caratteristiche della sindrome Hikikomori sono:

·      Ritiro sociale da almeno sei mesi: rifiuto delle amicizie, delle attività ludiche (sport e socialità in genere), incapacità di relazionarsi in maniera spontanea, allontanamento dalla vita reale e conseguente fuga nel virtuale.

·      Fobia scolare precedente e ritiro scolastico;

·      Ritiro dalle attività lavorative;

·      Possibile presenza di sintomi legati all’ Internet Addiction Disorder;

·      Possibile inversione dei ritmi circadiani.

 

 

Negli adolescenti affetti dal questa psicopatologia la capacità di apprendimento non risulta significativamente alterata: mediamente sono in grado di giungere a profitti scolastici sufficienti. Spesso però assistiamo a una preoccupazione marcata quando i ragazzi, in concomitanza con il ritiro sociale, non riescono più a raggiungere i risultati scolastici sperati, previsti e sempre avuti. Altro campanello di allarme è sicuramente lo stringere rapporti sociali completamente ed esclusivamente virtuali: relazioni amicali o sentimentali vengono svolte esclusivamente online, bypassando a piè pari il piacere della scoperta dell'altro fisica ed emotiva, aspetti escludibili dalla sola sola componente online. 

Nonostante il soggetto non parta da una condizione di svantaggio delle capacitá cognitive e l’auto-reclusione non sia considerata di per sé una malattia, l’isolamento autoindotto prolungato provoca diverse sequele psichiche quali antropofobia (cioè la paura degli altri studenti, delle persone anziane o di non poter prendere l’autobus o il treno etc.), paranoia, disturbi ossessivo-compulsivi, depressione, agorafobia (la paura degli spazi aperti), apatia e comportamento regressivo (E. Aguglia et al, 2010). Se non curato il disturbo comporta la perdita di anni scolastici, del lavoro o della possibilità di costruire una vita autonoma dalla famiglia.

 

Qualora si osservassero in un figlio, un parente, un partner , un amico o altra persona vicina, comportamenti o segni che fanno ipotizzare la presenza di un problema legato a un utilizzo di Internet patologico, è importante rivolgersi a uno specialista qualificato ed esperto, al quale riportare le proprie osservazioni e con il quale sarà possibile chiarire l’entità del problema e, ove indicato, costruire insieme una possibilità di confronto con la persona.

Il programma di cura

Image by Elisa Ventur
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